martedì 22 luglio 2008

Volt, General Motors getta le basi per la diffusione dell'auto elettrica.

Qualche giorno fa ho detto la mia sul perché non ritengo una scelta saggia, oggi, utilizzare l'idrogeno nel mercato automobilistico (Vedi: 8 buoni motivi per non mettere l'idrogeno nella nostra auto, per il momento). Penso invece che la tecnologia per cominciare ad utilizzare auto elettriche sia matura e che si tratti solo di fare il primo passo.
Ci sono tuttavia ancora alcuni problemi. Uno di questi è il fatto che attualmente non è presente un'infrastruttura di rete adeguata. Ne sa qualcosa General Motors che ha appena annunciato una collaborazione con 30 delle più importanti utilities per rimediare al problema in 37 stati americani e 3 province canadesi. Il perché di questa scelta è infatti legato alla nuova Volt che dovrebbe entrare nel mercato nel 2010. GM sta infatti facendo accordi per spianarne la futura diffusione. Volt è un'auto di nuova concezione: la propulsione infatti è completamente affidata ad un motore elettrico e le batterie forniscono un autonomia di circa 65 Km (quanto basta per gli spostamenti quotidiani). E' poi presente un piccolo generatore a benzina che qualora dovesse esaurirsi la batteria fornirebbe elettricità per un ulteriore autonomia di circa 650 Km (permettendo così i lunghi viaggi che per le auto elettriche pure al momento sono un limite), tutto questo con 6-7 galloni di benzina (25 litri più o meno). Si tratta di un'idea completamente nuova rispetto alle auto ibride viste finora. Infatti in questo caso la propulsione deriverebbe interamente da un motore elettrico. In uno scenario come quello attuale, con la benzina divenuta molto costosa, il fatto di poter caricare l'auto nella presa della corrente di casa rappresenta una piccola rivoluzione (l'elettricità infatti a parità di Km percorsi è molto più economica della benzina). Un altro vantaggio è la drastica riduzione dell'inquinamento, compreso quello acustico.
A mio parere General Motors è una delle compagnie che maggiormente hanno intuito il potenziale business legato all'ecologia, basti pensare al fatto che nello stabilimento GM di Zaragosa in Spagna verrà installato il più grande impianto fotovoltaico mai montato sul tetto di un edificio.
Insomma si può dire che un po' alla volta le energie pulite stanno iniziando a fare i primi passi nel mercato automobilistico, e a supportarle non ci sono solamente democratici come Al Gore.
A riporre la propria fiducia sulla scelta di General Motors si aggiunge infatti anche il senatore repubblicano John McCain, egli afferma infatti che si tratta del futuro del mondo e che deve essere eliminata la dipendenza dal petrolio straniero. Da parte sua farà tutto il possibile affinché un esperimento come quello della Volt possa avere un grande successo.
Io intanto comincio ad essere veramente curioso per quel che riguarda l'ambito energetico dopo le prossime presidenziali americane. Son convinto del fatto che gli USA riserveranno delle belle sorprese.

Image: Minuk

lunedì 21 luglio 2008

Qualche pensiero su peak oil e biciclette.

Una delle cose che amavo di Londra era il fatto di potermi spostare per le strade pattinando senza rischiare di essere travolto da qualche guidatore indisciplinato. Ben radicata in quella città è l'idea che spostarsi con mezzi ecologici oltre che economico può essere anche cool. Succede così che nascono manifestazioni come le Critical Mass o le Naked Bike Ride per le biciclette. O la London Skate, la London Friday Night Skate e la Sunday Stroll per i pattini. A calcare la mano in questi giorni si aggiunge anche il sindaco che (nell'ambito dei 975 milioni di dollari che verranno spesi nei prossimi 10 anni per incitare le persone alle camminate e all'uso della bicicletta) ha annunciato l'estate della bicicletta, sta quindi incitando tutti i Londoners a saltare in sella, verranno attivate campagne ecologiche e potenziate le piste ciclabili. Oltre che una scelta ecologica e salutistica (basta pensare ai problemi legati al sovrappeso nelle nostre società consumiste) risulta essere anche un gran vantaggio in termini economici.
Si sussurra infatti di peak oil da molto tempo anche se l'argomento non è mai stato preso in considerazione dai media e nei discorsi ufficiali. Eppure non è un argomento molto difficile da capire, fondamentalmente la domanda di petrolio nel mondo sale, però i giacimenti sono sempre gli stessi o ne vengono scoperti sempre meno di nuovi. Ci si trova quindi con la domanda che aumenta e l'offerta che resta inchiodata li o addirittura diminuisce. Per questo motivo nei prossimi anni il costo del petrolio sarà destinato sempre ad aumentare e la cosa comincia a diventare ben problematica. Se n'è accorto bene Al Gore e l'ha esternato qualche giorno fa annunciando che è vitale che l'America nell'arco di 10 anni passi completamente a fonti di energia rinnovabili. Ma cominciano ad accorgersene anche alla Federal Reserve con un Ben Bernanke che, seppure non parli ancora di peak oil afferma che il prezzo del petrolio non diminuirà nei prossimi anni a causa di una stagnazione, ed in alcuni casi di un declino, della produzione.
Per quel che mi riguarda, so che saranno anni duri quelli a venire, ma sono ottimista e felice di sapere che, seppure per necessità, molta gente incomincerà a lasciare la macchina a casa e ad usare di più la bicicletta. Aria più pulita, corpi più sani e magari capitale sociale in aumento.
Per maggiori informazioni sul peak oil consiglio di visitare regolarmente il blog di ASPO-Italia.

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- Al Gore, Lomborg e le energie rinnovabili.


Image: Kenneth

venerdì 18 luglio 2008

Al Gore, Lomborg e le energie rinnovabili.

Ricordo che la copertina di quel libro ha subito attirato la mia attenzione quando la vidi fra gli scaffali di Foyles a Londra. Sto parlando di “The Skeptical Environmentalist”, si tratta di un libro di Björn Lomborg, uno studioso danese praticamente sconosciuto in Italia ma considerato una delle 100 persone più influenti del mondo dal Time Magazine e una delle 50 persone che potrebbe salvare il pianeta dal quotidiano Guardian. Credo seriamente che i suoi due libri dovrebbero essere letti da ogni singola persona che decida di interessarsi all'ambiente.
Il motivo per cui adoro questo studioso è la grande onestà intellettuale e il fatto che ogni sua singola informazione è supportata da pubblicazioni ufficiali (la prima volta che sfogliai The Skeptical Environmentalist rimasi sorpreso scoprendo che un terzo del libro era costituito da riferimenti bibliografici), andando poi a leggere i suoi scritti (scrive molto spesso anche sul Guardian) ci si accorge della grande obiettività che mette in quello di cui si occupa.
Come mai sto parlando di Lomborg? Beh, perché oggi leggendo i giornali ho scoperto che Al Gore ha appena affermato che la sua soluzione per superare la difficile crisi economica mondiale consiste nel passare ad un economia basata al 100 % sulle risorse rinnovabili. Gore ha sottolineato l'assurdità per gli USA di fare debiti con la Cina per acquistare petrolio dal Golfo Persico e distruggere il pianeta con gli inquinanti e la CO2 proveniente dall'utilizzo dei combustibili fossili. La nuova economia ecologica dovrebbe dare posti di lavoro, azzerare le emissioni, e contribuire a generare un mondo più pulito. Insomma si passerebbe da una logica di tagli delle emissioni come quella di Kyoto a una logica che colpisce il problema alla radice shiftando su energie pulite. Che dire? Sono assolutamente entusiasta per quello che ha detto, forse non sono così sicuro che sia possibile nell'arco di 10 anni (ci sono molti stakeholder a cui una vision del genere potrebbe non piacere affatto) ma penso sia possibilissimo, e in tempi relativamente brevi. Da oggi comincerò ufficialmente a tifare per Gore; Se devo esser sincero infatti non gli ho mai dato molto credito, certo è un fantastico comunicatore e sa raccogliere le masse (e forse è un po' quello di cui il mondo ha bisogno) ma il mio background scientifico mi impedisce di dar retta alle sue forzature catastrofistiche. Ora vi chiederete che c'entra Lomborg in tutto questo? Beh Lomborg da molto tempo spara a 0 sul protocollo di kyoto e sulla riduzione delle emissioni di CO2, reputa inefficace e dispendioso impegnarsi a ridurre le emissioni, egli suggerisce invece da molto tempo il passaggio a energie pulite. In sostanza le risorse economiche sono quelle che sono, e destinarle solo alla riduzione della CO2 lasciando perdere le altre sfide ambientali è uno spreco inutile, quando si potrebbe investire quei soldi in ricerca e in tecnologie a 0 emissioni, ottenendo un mondo più pulito e facendo diventare un fantasma del passato la parola Global Warming. Egli afferma che il vero problema del mondo non sono una serie di inconvenienti realtà, ma è il fatto che abbiamo bloccato lo sviluppo di soluzioni efficaci presi da un incontrollabile panico guidato da cattive politiche.
Per quel che mi riguarda sentire uno come Al Gore che afferma che è ora di buttarsi pesantemente sulle energie rinnovabili non può che farmi piacere. E sotto sotto penso che in fondo è quello che Lomborg diceva da un pezzo. Staremo a vedere come va il futuro. Intanto potete leggere due ottimi articoli del buon Björn che parlano di questo argomento pubblicati qualche giorno fa sul Guardian. Uno qui e uno qui. Qui sotto invece il bel discorso di Al Gore.



Image: Roland Peschetz

mercoledì 16 luglio 2008

8 buoni motivi per non mettere l'idrogeno nella nostra auto, per il momento.

Ultimamente sempre più spesso leggo i giornali e scopro che un sacco di gente sta diventando fan dell'idrogeno in ambito automobilistico. Certi lo chiamano l'energia pulita del futuro. Altri più realisticamente dicono che è solo un vettore. Ora, francamente a me l'idrogeno non piace per niente, questo con il beneficio del dubbio: potrebbe piacermi nel caso gli studi sulla produzione biologica si concretizzassero in una tecnologia reale e a basso costo.
Ma per il momento ho delle forti perplessità.


Riguardo la produzione:

  • Si può ricavare idrogeno dall'acqua, ma per farlo devo sfruttare l'elettrolisi e mi serve elettricità, e se ne spreca molta. Non è più semplice mettere quell'elettricità in una batteria?
  • Posso ricavarlo da combustibili fossili con gas serra come sottoprodotto; ma non avevamo detto che dovevamo cercare di smettere di usarli questo tipo di combustibili? E poi per questo processo mi serve comunque calore, quindi energia. Non era più semplice metterla in una batteria?
Riguardo lo stoccaggio:
  • Posso stoccarlo in forma gassosa dentro bomboloni, ma per farlo devo comprimerlo, e in questo caso userei moltissima energia (che potrei usare per caricare una batteria) per farlo. E, per ottenere lo stesso risultato di 1 litro di benzina mi servirebbero circa 3 metri cubi di idrogeno. Un bombolone industriale da 50 litri a 200 atmosfere di pressione contiene circa 10 metri cubi di idrogeno. Ovvero la stessa energia che si trovano in 3 litri abbondanti di benzina.
  • Posso usare l'idrogeno liquido, ma per farlo devo comprimerlo, sprecando energia (che potrei usare per caricare una batteria). A questo punto più che serbatoio mi serve un thermos. Affinché l'idrogeno resti liquido devo tenerlo al di sotto dei -253 gradi centigradi. La fregatura è che per quanto isolato sia il mio contenitore criogenico un po' di calore lo conduce. L'idrogeno si trasforma perciò un po' alla volta in gas e in una decina di giorni mi trovo con il thermos vuoto. Più o meno come viaggiare con un automobile con il serbatoio bucato.
  • Posso stoccarlo in idruri metallici. Il problema però in questo caso è che per tirarlo poi fuori mi serve calore. E per produrre calore mi serve energia (che potrei usare per caricare una batteria) che vado a buttare.
Riguardo la sicurezza:
  • L'idrogeno ha il brutto vizio di rendere fragili i metalli. Una batteria invece se ne sta buona e non si prende certe libertà.
  • Nel caso di incidente: stiamo parlando di un gas molto infiammabile. Fa sempre un certo effetto vedere le foto del Hindenburg in fiamme. Una batteria non scoppia come una bomba se gli avvicini un cerino.
Riguardo l'ambiente:
Qui una ottima analisi in italiano sull'argomento.
Qui un approfondimento in inglese sull'argomento.

PS: si è capito che pendo di più per i motori elettrici attaccati a moderne batterie?

Image: Dan Perry

martedì 15 luglio 2008

Reti energetiche.

Poco tempo fa Mozilla ha rilasciato il nuovo Firefox 3 in un modo abbastanza plateale: si è infatti cercato (con successo) di stabilire un nuovo record, il numero massimo di download di un programma in un giorno. Io, da buon fan del volpino, non potevo che partecipare entusiasta all'evento. Fin qui tutto bene, se non fosse per il fatto che alle sette di sera (ora prevista per l'inizio del download) i server erano intasatissimi e ho potuto scaricare il programma solamente qualche ora dopo. Se invece la distribuzione del programma fosse stata affidata a un qualsiasi sistema di P2P tutto sarebbe andato liscio: in una rete P2P infatti più gente scarica quel file (e quindi più gente lo mette in condivisione), più quel file diventa disponibile e facile da scaricare, e se per caso qualcuno si sconnette, la sua assenza non influenzerebbe il funzionamento del download, essendo questo infatti legato a migliaia di persone diverse.
Questo ci insegna che un sistema di distribuzione a rete è molto più sicuro e stabile di un sistema basato su di un nodo di smistamento centrale e migliaia di macchine dipendenti da questo. Se infatti a causa di un qualsiasi evento imprevisto il nodo non fosse raggiungibile non si potrebbe fare altro che attendere passivamente che qualcuno intervenga a risolvere il problema.
Immaginiamo ora la stessa cosa applicata all'elettricità. Preferireste vedere una centrale elettrica di grande potenza con tutte le utenze attaccate? Oppure, tante case con il tetto fatto di pannelli solari collegate fra loro a rete? Provate a immaginare cosa succederebbe nel caso di una catastrofe naturale o di un guasto alla centrale o di un qualsiasi altro evento imprevisto che provochi un blocco. Provate invece a immaginare cosa succederebbe se avvenisse un guasto ad un singolo impianto di una singola cellula di un sistema a rete. Quale dei due sistemi sarebbe più stabile?
Ultimamente si parla di ritorno al nucleare, sappiamo che costicchia abbastanza e non sarebbe disponibile subito. Mi chiedo, ma se quei miliardi di euro per una centrale venissero stanziati per rendere energicamente efficienti le abitazioni, e per trasformarle in mini-centrali con pannelli solari? Non ci troveremmo con un sistema più stabile, meno soggetto a blackout, più pulito, disponibile subito, e che non richiede materie prime pericolose?
Un'ultima considerazione puramente pratica. Il signor Rossi possiede 50 euro e vuole regalare alla moglie un set di pentole che costa 500 euro. Ha 2 possibilità: o compra a rate il set di pentole, indebitandosi e finendo per pagarlo il doppio; oppure compra una sola pentola con i 50 euro che ha, riservandosi poi di comprare il resto del set quando avrà i soldi. Nel primo caso la moglie sarà contenta all'inizio, ma lo sarà meno quando vedrà che è uscito un nuovo modello di saltapasta più funzionale e lei sarà costretta ad usar quello vecchio, che non ha ancora finito di pagare, e che grazie al finanziamento alla fine avrà pagato il doppio. Se invece il signor Rossi compra una pentola sola, la moglie inizierà da subito ad usarla, e quando avrà i soldi per comprare una nuova pentola, l'evoluzione tecnica avrà fatto si che il nuovo modello sia più efficiente e magari con un costo inferiore.
Immaginiamo ora che si tratti di energia e non di pentole. Meglio un gran debito per comprare qualcosa di grande che diventerà obsoleto dopo pochi anni? O tanti piccoli investimenti diluiti nel tempo utilizzabili da subito, e che consentono di avere un sistema mai obsoleto?

Image: Diana Blackwell

lunedì 14 luglio 2008

Souvenir da Marte.

Ci sono alcuni eventi di interesse mondiale che lasciano il segno nelle persone, eventi che uniscono e ci spingono a rimanere attaccati agli schermi del televisore per sapere come va a finire. Uno degli avvenimenti che ha rapito maggiormente il mio interesse è stata la missione Pathfinder. Era il 1997 e stava atterrando su Marte una sonda di nuova concezione, possiamo dire che si trattava di un viaggio verso Marte low-cost. Le precedenti missioni che avevano portato oggetti terrestri sulla superficie marziana infatti erano molto costose e questa piccola sonda stava rivoluzionando il mondo dell'esplorazione extraterrestre. La concezione era innovativa, la sonda entrava in atmosfera direttamente, ad un certo punto si apriva un paracadute a rallentare la discesa, e poco prima dell'impatto venivano gonfiati degli airbag che andavano ad attutire l'impatto. A questo punto la sonda si divideva in 2 parti: un lander che rimaneva fisso nel punto di atterraggio e che comunicava con la terra, e un piccolo rover (Sojourner) che esplorava il suono marziano facendo analisi e fotografie. La missione avrebbe dovuto durare un periodo tra una settimana e un mese, tuttavia il sistema si rivelò talmente efficace che Pathfinder continuò ad inviare dati per circa tre mesi.
Ci sono state altre missioni dopo di questa. L'ultima sonda (Phoenix Mars Lander) è atterrata sul suolo marziano il 25 maggio 2008, tuttavia bisogna render merito a Pathfinder di aver aperto un nuovo capitolo dell'esplorazione marziana.
A questo punto il passo successivo sarebbe riuscire a far atterrare una sonda e farla tornare indietro con qualche souvenir marziano con se (rocce e, magari, qualche forma di vita microscopica). Stanno iniziando a pensarci seriamente un gruppo di scienziati internazionali con una missione che dovrebbe avvenire tra il 2018 e il 2023. Il costo di una missione del genere è altissimo (più di 8 miliardi di dollari) e per realizzarla sarebbero richieste competenze e fondi della NASA, dell'Agenzia Spaziale Europea e di altre agenzie nazionali. Una missione di questo tipo sarebbe fondamentale per dimostrare la fattibilità di far atterrare qualcosa su suono marziano e riuscire anche a riportarlo indietro. Diventa perciò un passo indispensabile per aprire le porte ad un futuro atterraggio umano sul pianeta rosso.
L'idea sarebbe di inviare 2 diverse sonde: un “lander composite” e un "orbiter composite". Il lander andrebbe ad atterrare sulla superficie marziana, a questo punto libererebbe un rover che andrebbe a prelevare campioni di roccia e di atmosfera marziana. Una volta prelevati questi verrebbero trasferiti in un contenitore isolato all'interno di una parte del lander (Mars Ascent Vehicle) che decollerebbe e andrebbe a congiungersi all'orbiter. L'orbiter inizierebbe ora il tragitto di ritorno e porterebbe i campioni prelevati sulla Terra dove verrebbero immediatamente trasferiti in un laboratorio di massima sicurezza al fine di essere analizzati e trovare eventuali forme di vita.
Maggiori informazioni in questo bell'articolo del Guardian. Per quel che mi riguarda spero che tutto vada in porto e poter nuovamente rimanere incollato al televisore nel seguire le vicende di queste eroiche sonde esploratrici.

Image: Bluedharma

domenica 13 luglio 2008

Atlantide.

Secondo la leggenda Atlantide era un isola più grande della Libia e dell'Asia messe insieme. Il suo nome deriva da quello del primo monarca a governarla, Atlante, figlio di Poseidone e Clito, una ragazza dell'isola. Questa città leggendaria avrebbe dovuto trovarsi nell'Oceano Atlantico e si dice essere stata distrutta da un maremoto 10-15000 anni fa.
Alzi la mano chi non ha sognato almeno una volta il mito di Atlantide. Lyon Sprague de Camp rende benissimo l'idea dicendo: “La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici...”
Questa speranza oggi ci appare un po' meno remota. L'architetto belga Vincent Callebaut ha infatti progettato Lilypad, un ecopoli galleggiante per le vittime del Global Warming e dell'innalzamento del livello acquatico degli oceani. Lilypad è un prototipo di città anfibia completamente autosufficiente, con delle aree distinte dedicate al lavoro, al divertimento e allo shopping. Al centro della struttura una laguna artificiale dove generare biodiversità e intorno montagne. La città dovrebbe ospitare 50000 abitanti e produrre più energia di quella che consuma grazie a una combinazione di tecnologie energetiche rinnovabili (solare, eolico, idraulico, dalle biomasse, ecc.). Di certo si tratta di un ottimo esercizio di design, ma è anche sintomo del fatto che qualcosa sta iniziando a muoversi nella direzione giusta e che forse in futuro un riappacificamento con la natura è ancora possibile. Personalmente penso che da oggi sognerò più spesso di vivere in una città leggendaria come Atlantide.
Altamente consigliato andare a visitare il sito del progetto per rimanere incantati di fronte alle magnifiche fotografie di Lilypad.

Image: Eugenio Azzola